Del Carnevale savianese sono stati realizzati due manifesti rappresentativi: quello di Vittorio Avella e quello di Felix Policastro.
Quello dell’artista Vittorio Avella fu fatto stampare nel 1985 a cura della Pro Loco “ Il Campanile di Saviano” con il patrocinio dell’Amministrazione Provinciale e quello dell’Amministrazione Comunale: portava lo stesso titolo di oggi e richiamava la pantomima carnevalesca e le tradizioni locali del passato più o meno recente; un manifesto di facile lettura che rappresentava una delle tante manifestazioni tipiche delle tradizioni festaiole locali: giovani che ballano il laccio d’amore (A’ ndrezzata).
Artisticamente valido esso però appare limitato dal punto di vista rappresentativo in quanto denuncia limiti interpretativi rispetto ad un fenomeno estremamente complesso e ricco di significati come è il carnevale ed in particolare il carnevale savianese come si è venuto evolvendo nel corso degli anni.
Nel 1988 l’Amministrazione comunale, che aveva avocato a sè l’organizzazione della sfilata dei carri, sollecitò la realizzazione di un nuovo manifesto simbolo del carnevale savianese e l’artista Felix Policastro, membro della Pro Loco, si incaricò di realizzarlo a titolo gratuito. Il manifesto presenta il bordo segnato da una linea dorata, porta nella parte alta la scritta Comune di Saviano e poco più in basso una striscia ondeggiante di circa 15 cm di larghezza delimitata da linee sempre dorate, che racchiudono un caleidoscopio di colori a mo’ di coriandoli variopinti (energie vitali dell’uomo); appena sotto la striscia, che corre per tutta la larghezza del manifesto leggiamo la scritta: Carnavale se chiammava…. La parte bassa del manifesto, infine, raffigura una maschera dai tratti essenziali di un colore rosa pallido, un volto enigmatico, quasi sospeso nel nulla, sostenuta ad una linea sottile verticale che più che sorreggerla, sembra delimitarne lo spazio. Il tutto è disposto su un fondo nero che domina l’intero manifesto con il suo colore scuro, vuoto indistinto dove lo sguardo si perde e dove l’animo quasi si smarrisce.Il manifesto non si presta ad una facile lettura e, d’altro canto, dovendo esprimere simbolicamente un fenomeno complesso come il carnevale, non poteva che risultare un insieme rappresentativo altrettanto complesso e tutto da interpretare attraverso i simbolismi espressi nei pochi elementi presenti, ma soprattutto attraverso quelli apparentemente inesistenti. Il fondo nero che domina il tutto esprime in qualche modo il passato, il vecchio, la negatività, quanto di brutto c’è da eliminare o da dimenticare, un male che è tanto grande che poco riesce a coprire la piccola maschera. Intanto però quel nero non domina il tutto, anzi
è nettamente spezzato, interrotto dalla striscia variopinta: i colori della vita, il caleidoscopio dei sentimenti, le speranze, le illusioni, le attese proprie dell’uomo il quale, alla vigilia del nuovo anno stagionale, all’inizio della nuova fase ciclica, fa di tutto per dimenticare il vecchio, il passato, e, bruciandone il simbolo sui falò -il fantoccio- apre il cuore alla speranza, libera la fantasia, vive il suo momento liberatorio, così sarà di nuovo pronto a fare o a subire «lo scherzo» che non è tanto quello di Carnevale, quanto quello della vita. L’uomo, in fondo, lo sa che la sua è solo un’illusione, però è un’illusione che egli vuole comunque vivere intensamente sia pure indossando una maschera per essere felice, una maschera dal volto enigmatico, come enigmatico rimane per lui il senso della vita e della morte.
Felice Falco